La pratica dello yoga è composta di tecniche volte alla
graduale inibizione della percezione ordinaria per il raggiungimento della
soppressione delle modificazioni della mente.
La percezione del praticante si trova, così, a rivolersi
alla propria naturale essenza, libera dalle varie identificazioni di cui la
mente ci avvolge per mezzo delle sue impressioni.
Queste, dolorose e non, si distinguono in cinque tipi:
·
Retta conoscenza: basata sulla percezione
diretta dell’ oggetto tramite i sensi, sull’ inferenza e sulla testimonianza.
·
Errata conoscenza: si crea quando la conoscenza
non ha corrispondenza reale con la realtà oggettiva.
·
Fantasia: fondata su simboli e immagini che non
hanno riscontro nella realtà.
·
Sonno: l’attività mentale è priva di qualsiasi
controllo.
·
Memoria: le impressioni dovute ad esperienze
passate continuano ad albergare nella mente confondendo le percezioni presenti.
Per sopprimere dalla nostra mente
queste impressioni sono necessari esercizio, che se praticato con costanza e
devozione porta a sicuri risultati, e non attaccamento, che porta al dominio
sui desideri degli oggetti, visibili e non. Raggiungendo l’autorealizzazione,
il desiderio stesso si spegnerà.
Primo passo lungo questo cammino
è la soppressione delle tensioni che caratterizzano la percezione ordinaria. In
seguito a ciò ci si troverà in uno stato percettivo nel quale coesistono
pensiero logico, volontà e senso dell’ io.
Questo stato, detto Samprajnata
Samadhi, si differenzia a sua volta in quattro sottolivelli principali corrispondenti
ai quattro veicoli pranici nei quali la coscienza, sotto varie forme, esercita
le sue funzioni.
Il Samprajnata Samadhi viene
esercitato praticando la concentrazione (samyama) su di un oggetto particolare.
La mente diviene via via tutt’uno con quest’oggetto, isolandolo dal resto,
fondendosi con esso. Quando la percezione della reale essenza dell’oggetto sarà
completa, la coscienza cadrà come in una nebbia, un vuoto naturale che è il suo
centro (Laya) ancora non percepibile al praticante. Questo momento di vuoto è dovuto
alla transizione della coscienza da un veicolo all’altro.
Le vie per raggiungere il Samadhi
sono molteplici: alcuni vi accedono spontaneamente, altri per fede, per
volontà, per costanza ed intelligenza.
Il Samadhi è vicino a coloro il cui
desiderio è ardente, ed a coloro che con grande intensità si applicano nel
percorso.
Altro mezzo è la devozione, il
completo abbandono ad Isvara. Egli, un Purusa particolare, in quanto mai
afflitto dalle conseguenze delle azioni nel manifesto (karma), è il seme della
conoscenza suprema, è il maestro degli antichi poiché privo dei limiti del
tempo.
Espressione del suo essere è il
Pranava (OM) che ripetuto con costanza e concentrazione (Japa), porta alla
rimozione degli ostacoli che il praticante può incontrare lungo il cammino,
aiutandolo così a trovare un nuovo tipo di coscienza, non più proiettata all’esterno
ma concentrata all’interno di se.
Gli ostacoli sono nove:
·
Malattia
·
Negligenza
·
Illusione
·
Apatia
·
Indolenza
·
Resa
·
Dubbio
·
Desiderio
·
Instabilità
Questi,
quando presenti, producono dolore, depressione,
ed ansia creando tensione. Per eliminarli è necessario concentrarsi
intensamente su di un unico concetto, o immagine, che possa alleviare la mente.
La concentrazione su amore, amicizia,
compassione, gioia, l’indifferenza verso la miseria e il vizio, rendono la mente
lucida.
L a concentrazione può essere favorita con
vari mezzi:
·
La ritenzione a vuoto del respiro (Kumbaka)
·
La messa in opera dei sensi superiori;
·
La sperimentazione interiore di stati autoindotti
di serenità;
·
La concentrazione su di un illuminato
·
La concentrazione su immagini oniriche o sullo
stato di sonno;
·
La concentrazione su qualunque oggetto sia a noi
gradevole;
L’esercizio costante di queste tecniche porta al quasi
totale annichilimento delle modificazioni mentali; conoscente, conosciuto e
cognizione si trovano a fondersi uno nell’altro.
Così come un cristallo trasparente, privo d’impurità, assume
il colore della superficie su cui è posato.
Nel primissimo stadio del Samadhi (Savitarka Samadhi) queste
tre parti della conoscenza restano confusamente indistinte, la mente spazia dall’una
all’altra senza saperle distinguere. La volontà durante la concentrazione
delinea via via i confini dei tre giungendo ad osservare l’ essenza dell’
oggetto distinta dalle impressioni presenti in memoria, dalle vecchie
conoscenze, dai significati del nome attribuito, giungendo infine a rischiarare
del tutto la memoria facendo si che solo la vera essenza dell’ oggetto
risplenda nella mente (Nirvitarca S. ).
Analogamente la coscienza lavora nei diversi veicoli
passando ai successivi stati di coscienza alternandosi da concentrazioni
esterne (Samprajnata) ad interne (Asamprajnata) su oggetti di Samyama sempre
più sottili fino al livello Alinga dei Guna.
Tutti questi stati intermedi di Samadhi appartengono alla
grande categoria del Sabija (con seme) poiché si basano su un lavoro di
concentrazione basato su un oggetto, seppur sottile, esterno alla coscienza
stessa.
Una volta ottenuta la massima purezza nel Nirvicara Samadhi,
l’aurora di luce spirituale del Purusa illumina la coscienza, attivando così la
conoscenza intuitiva portatrice di verità assolute.
La percezione ordinaria, diversamente da questa, è limitata,
frammentata, su porzioni di oggetto o su concetti errati che creano impressioni
nella mente di ostacolo alla verità.
Il Nirbija Samadhi (senza seme) è l’ultimo stadio che
precede il Kaivalya. Le impressioni prodotte dagli oggetti di concentrazione
svaniscono a loro volta, la coscienza (Purusa) si volge solo su se stessa.
E’ qui che non vengono più a crearsi nuovi Samskara e che
quelli presenti in noi vengono via via a cancellarsi raggiungendo, infine, il
Kaivalya.
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