Sola







La sala era illuminata a festa da grandi candelabri che spargevano una luce calda e vibrante.
Pesanti tende schermavano il freddo delle ampie vetrate.
Le voci dei presenti si mescolavano in un brusio incoerente di risate e racconti; quelle argentate dei bambini giocosi si alternavano a quelle pesanti degli uomini canuti, tra donne sorridenti e uomini impettiti.

Abiti lussuosi e odori di buon cibo; il tintinnio dei calici ricolmi di vino…
Nessuno sembrava vederla.

La ragazza era seduta in un luogo d’ombra, dove la luce delle candele giungeva appena a disegnarne la figura avvolta dall’abito scuro. Lo sguardo triste si volgeva nell’attorno senza trovare risposta in nessun volto, sembrava invisibile.
D’un tratto i suoi occhi smeraldini incontrarono i miei, e nel cuore sentii il suo dolore, immenso e profondo.
Il dolore di chi non è visto. Di chi passa inosservato sotto allo sguardo di tutti. Di chi esiste costantemente giudicato, additato, temuto.
Il dolore di chi sa di spezzare i cuori di molte anime, il dolore di chi compie il suo mestiere senza crudeltà, di chi sopporta le accuse del mondo nella totale innocenza.

Mi avvicinai.

Era magra e sottile, la pelle quasi evanescente contrastava con l’abito nero e lo sguardo lucente.
La malinconia dei suoi occhi era pesante e concreta.
Le porsi la mia mano; incontrai la sua, fredda come la neve.
Tra le note di una musica che quasi non si udiva danzammo, strette come anime gemelle, mai perse e sempre lontane. Strette come la luna e le stelle.
Io ero la Vita, e lei la Morte. Sorelle di nascita, entrambe figlie del Destino.
Danzammo inosservate nella sala ricolma di gente.
Sapevamo di essere entrambe celate allo sguardo della folla.
Pochi vedono la Vita fino a che non temono gli sia tolta, ma nessuno vuol vedere la Morte.
Eppure ognuno dei presenti esiste legato ad entrambe, compiendo mani nelle nostre il cammino nel mondo.

Pochi sanno accettare il ruolo degli opposti, ancor meno l’esistenza della mia dolce sorella.
Chi piange i defunti maledicendola spesso non si accorge di soffrire per se stesso e non per chi se ne è andato.
Restano con i cuori ricolmi di rancore per una fine già scritta nell’inizio.
Pochi sanno vedere in essa la promessa di un nuovo principio,
nel ciclo infinito dell’esistenza del mondo.

Così io vi prego Anime nei Corpi, di cercare nel vostro cuore la comprensione verso questa esile fanciulla che svolge nell’universo la sua mansione. 
Ella viene a voi senza rancore, solo giunge quando è necessaria al vostro andare. 
Cogliete in lei l’infinità dei cicli, poiché se Ella non ci fosse, nemmeno io potrei esistere.

Senza la Morte, non esisterebbe nemmeno la Vita.

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