Un giorno qualunque

"Ricordo
Quel periodo in cui non c’era il Tempo.
Percepivo l’assenza dei confini di un corpo, la presenza in ogni ente del cosmo.
La completezza nell’assenza della divisione.
Ero tutti e nessuno."


Fu un giorno come gli altri, un giorno qualunque.
Da molto l’idea mi solleticava, molti erano andati e tornati da quell’esperienza arricchiti di aneddoti da raccontare, di cose viste e sentite, di sapori e colori mai percepiti così intensamente.
Mi raccontarono di dolori ai quali non credetti, mi dissero che il viaggio era così traumatico da sconvolgermi al punto di cancellare i ricordi della mia identità. Che però ne valeva la pena, perché si tornava cambiati, più presenti. Alcuni mi dissero di non andare, che si erano trovati male, a dover affrontare costanti problemi prima con l’accoglienza, poi con la sussistenza, nulla funzionava a dovere. Alcuni racconti erano tutti incentrati sul percorso di rientro pieno di affanno e dolore e lacrime. Insomma un’esperienza tremenda! Altri ancora tornarono pieni di voglia di ripartire, perché da quei viaggi ogni volta tornavano più ricchi, e mi raccontarono storie pazzesche di Amori e Profumi e luoghi meravigliosi.…
Piano piano l’idea divenne sempre più concreta ed iniziai ad osservare i luoghi con più interesse.
Certe spedizioni vanno programmate con molto anticipo ed i dettagli da verificare sono a dir poco infiniti.
Innanzi tutto dovetti capire cosa cercavo. Trasferte di quel tipo ce ne erano davvero di ogni genere e in ognuna si poteva imparare qualcosa. Ma spesso non è semplice vedere le proprie mancanze e mettersi in gioco per colmarle, è facile sbagliare percorso e accorgersi di aver esagerato nella scelta della difficoltà.
Fu un periodo di grande riflessione, dovetti accedere alla parte più profonda di me ed accettare alcuni vuoti. Poi iniziai a scorrere tra le varie proposte cercando anche in quelle ispirazione.
Caspita, il ventaglio di scelta era a dir poco immenso. Incredibili le combinazioni possibili di luogo di accoglienza, di permanenza e persone che avrebbero curato l’arrivo, di durata. Si passava da luoghi davvero incantevoli a posti poverissimi, da persone delicate e amorevoli a veri e propri personaggi da incubo, il tutto poteva essere rimescolato praticamente all’infinito in percorsi brevissimi o itinerari lunghi anni.
Si poteva addirittura scegliere che le persone addette alla prima accoglienza non fossero le stesse a curare l’intera permanenza, o che più volte venissero modificate se si desiderava acquisire più competenze in uno stesso percorso di studio.
Che scelta complessa.
La versione base, la più semplice, prevedeva un luogo tranquillo dove la stessa coppia di persone avrebbe curato l’arrivo e la permanenza praticamente per tutto il periodo di apprendimento; solo verso la fine si potevano mettere in pratica le competenze acquisite e scegliere, eventualmente, se fare da tutor a qualche nuovo arrivato.
Tra le più complesse quella di un luogo dalla sopravvivenza complicata dove l’accoglienza si limitava all’arrivo in loco; si veniva di volta in volta affidati a diversi istruttori senza mai avere un riferimento stabile e, quasi subito dopo, lasciati a se stessi.
Cercai una soluzione di media difficoltà.
Scelsi un luogo abbastanza tranquillo, una soluzione di arrivo e prima permanenza non troppo lussuosa, per non rendere l’esperienza troppo povera di difficoltà.
Decisi di mantenere fissa una persona di riferimento soltanto, così da avere la seconda in continuo mutamento. Cambiare costantemente istruttore può essere molto stressante, ma mi dissero che arricchisce l’apprendimento in modo esponenziale.
E così, un giorno qualunque, feci i biglietti e partii.
Il viaggio fu davvero lungo, più di quanto i vari racconti mi avevano fatto intuire.
Tutta la prima parte fu dedicata all’apprendimento delle tecniche di utilizzo della macchina di cui avrei usufruito per tutta la permanenza. Me ne avevano parlato, in effetti, ma sembravano aneddoti tanto fantasiosi che li presi poco in considerazione. Mi dissero che con molta probabilità sarei giunto alla fine dell’esperienza senza nemmeno imparare ad usarla bene. Risi a quelle parole, figurarsi!
Ed invece mi trovai chiuso in quel loculo per mesi a fare sperimentazione di utilizzo.
In effetti devo ammettere che fu molto complesso.
I comandi erano a dir poco centinaia.
Passai settimane e settimane a capire come fare per muoverne le diverse parti, per iniziare solo marginalmente a riconoscerle.
Non ero abituato a stare confinato per così lungo tempo; già quella fu una prova davvero dura.
Di tanto in tanto, dalle pareti, giungevano rumori dall’esterno. Una voce era più presente delle altre, scoprii dopo che era quella della persona che avevo scelto come accoglienza permanente.
Mi aspettava e preparava il mio arrivo.
E così, un giorno qualunque, iniziarono le manovre per l’inizio della seconda parte del percorso di arrivo.
Fu davvero un’esperienza dolorosa e traumatica,
Ma fu breve e venni al mondo,
Quel giorno nacqui ed ebbe inizio il vero viaggio.

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